Che cos’è la Coscienza?

Nuove ricerche in fisica indagano la natura della coscienza e il suo rapporto con il cervello

La trattazione di problemi fondamentali come il finalismo, il determinismo o il libero arbitrio ha da sempre posto, anche soltanto dal punto di vista strettamente filosofico, una qualche definizione del concetto di coscienza. Tutti i principali modelli filosofici si sono dovuti cimentare, secondo approcci e livelli di approfondimento differenti, con tale questione. Essa appare di tale fondamentale importanza che, a seconda che alla coscienza sia stato associato di volta in volta un significato materiale o spirituale, mortale o immortale, da questo derivasse una diversa concezione dell’Universo e della realtà stessa.

La coscienza è un fenomeno complesso
Nella maggior parte degli studi sinora condotti al fine di definire e comprendere la reale natura della coscienza (e, con essa, delle funzioni mentali superiori tipiche della specie umana quali, ad esempio, la logica, l’intuizione e la fantasia), la coscienza appare come un fenomeno complesso il cui studio si pone in un ambito di intersezione tra il dominio della filosofia, della psicologia, della medicina, della psichiatria ma anche e soprattutto, potremmo oggi dire, della scienze esatte e, in particolar modo, della fisica.

Senza dubbio possiamo affermare che la coscienza è un fenomeno squisitamente soggettivo che costituisce una riserva inesauribile di sensazioni, emozioni e di idee e d’altra parte rappresenta quell’entità “strumentale” attraverso la quale il soggetto cosciente “costruisce” il proprio mondo interiore interpretando la realtà “esteriore”. Invero, nella maggior parte dei casi, le sensazioni sono il risultato di una stimolazione fisica esterna (come, ad esempio, un flusso di fotoni nel caso della sensazione luminosa, o la vibrazione di un mezzo elastico nel caso della sensazione sonora, etc.). È proprio l’insieme di queste sensazioni, che, risultando statisticamente compatibili per tutti gli esseri umani, determina la nostra “immagine” (la nostra “realtà”) del mondo esterno, tramite l’azione mediatrice della coscienza.

Alcune situazioni specifiche rivelano la capacità della coscienza di interagire con l’ambiente esterno: si pensi al caso della misurazione quantistica (in cui, secondo l’interpretazione correntemente accettata, il libro arbitrio dell’osservatore nella progettazione e realizzazione di un esperimento di misura ne influenza in maniera irreversibile l’esito) ma anche alla generazione artificiale di sensazioni “irreali” ovvero non associate a un’effettiva esistenza di cause nel mondo “esterno” (quali, ad esempio, quelle associate alla allucinazioni prodotte dall’uso di droghe, ovvero determinate dall’estasi mistica, o dall’intuizione artistica, etc.). La coscienza, inoltre, è caratterizzata dalla possibilità di manifestarsi in una moltitudine di stati, corrispondenti a un livello più o meno “elevato” di interazione con l’ambiente esterno al soggetto.

La coscienza è solo una manifestazione della corteccia cerebrale?
Tutte queste evidenze suggeriscono che la coscienza non possa essere considerata come una “semplice” manifestazione della corteccia cerebrale ma che essa sia caratterizzata da un’esistenza propria, probabilmente afferente a un livello più profondo della realtà e in grado di interagire con la materia. Ciò indica che la coscienza potrebbe avere essa stessa una connotazione materiale, ma di quale tipo di materia possa trattarsi e a quale dinamica essa risponda è una domanda tutt’altro che semplice a cui rispondere.

Senza dubbio, in quest’ultimo caso, essa dovrebbe essere costituita da una forma di materia avente caratteristiche spazio-temporali specifiche, del tutto differenti da quelle tipiche della materia che conosciamo (del resto, in fisica, l’ipotesi dell’esistenza di materia di tipo non barionico non è nuova, basti considerare l’idea della materia oscura introdotta per rendere conto della velocità di espansione dell’Universo derivante dalle osservazioni astronomiche) e probabilmente non appartenente allo spazio-tempo descritto dalle teorie fisiche comunemente accettate.

Ma come avverrebbe dunque l’interazione tra tale livello della realtà, contenente la coscienza, e la materia ordinaria di cui è fatto il nostro cervello? L’ipotesi più ragionevole è che questa possa manifestarsi in corrispondenza all’interfaccia tra questi due livelli di realtà ad opera, verosimilmente, della corteccia cerebrale e del sistema nervoso. Secondo questa visione, dunque, le strutture nervose superiori agirebbero in maniera simile a uno strumento rivelatore (un analizzatore di spettro o un dispositivo similare) in grado di decomporre un segnale nelle sue componenti di frequenza evidenziandone così la sua reale composizione, nello stesso modo come un prisma scompone la luce bianca nei diversi colori dello spettro.

 

Tratto da scienzaeconoscenza.it

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