Gli ostacoli ci sono

per essere superati

L’imperfezione è bellezza: nascere senza una parte del braccio sinistro e 28 anni dopo vestire la maglia degli Stati Uniti, la nazionale di calcio femminile più forte del mondo. Questa è la storia di Carson Pickett che non è solo una favola sportiva, ma un esempio di forza di volontà e voglia di superare limiti fisici e pregiudizi.

La ragazza, classe 1993, ha sempre sognato di giocare come calciatrice professionista e di difendere i colori della sua madre patria: gli Stati Uniti.
Il professionismo era già arrivato grazie alla chiamata del North Carolina Courage, nel quale ricopre la posizione di difensore, ma la chiamata della Nazionale tardava ad arrivare. Nell’amichevole contro la Colombia, però, il destino della Pickett è destinato a cambiare una volta per tutte.

I molti impegni della squadra hanno creato l’esigenza di rimpolpare la rosa e il Commissario Tecnico, Vlatko Andonowski, non ci ha pensato due volte e ha chiamato a rapporto la Pickett che ha risposto presente.
Scesa titolare in campo ha disputato una buona partita, sicura in fase difensiva e propositiva in fase offensiva, lasciando ben poco spazio ai dubbi riguardanti il suo impiego.

Una gioia doppia dunque, quella di difendere i propri colori e anche quella di dimostrare che gli ostacoli ci sono per essere superati.

Al termine della gara Carson Pickett è stata intervistata e ha rilasciato le seguenti dichiarazioni: “La sensazione di essere diverso e l’ansia di non adattarsi è qualcosa che ho passato. Indossare felpe nel caldo torrido dell’estate per nascondere il mio braccio … spero di incoraggiare chiunque lotti con la differenza delle loro membra a non vergognarsi di quello che sono.”

Qualche tempo fa aveva rilasciato un’intervista a CBS Sports nella quale aveva parlato di sé in modo molto trasparente: “I miei genitori hanno due mani e due braccia e sfortunatamente non sono stati in grado di insegnarmi come allacciarmi le scarpe. Posso immaginare che sia straziante, guardare tua figlia e cercare di allacciarle le scarpe ed è difficile per te esserci per lei. Ci sono state sicuramente delle volte in cui ho pianto, e proprio non riuscivo a capirlo, e continuavano a spingermi. Legarmi le scarpe era quasi impossibile, sembrava impossibile, ma l’ho superato!”.

Tratto da https://luce.lanazione.it

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