Il karma dipende da noi

Foto di Lawrence Chu da Pixabay

[…] La colpa per quello che mi era successo era di tutti, ma non mia. lo ero la vittima, ero il perseguitato dalla sfortuna e dall’incompetenza altrui. Oggi, proprio grazie al buddhismo, sono pienamente consapevole di quanto fossi incapace di vedere la realtà.

Fu il monaco di Bangkok ad aprire un varco nella mia
consapevolezza durante la nostra conversazione sull’esistenza di Dio. In particolar modo quando rispondeva alle mie domande di natura teologica sempre nello stesso modo: «Ha importanza?».

Inconsciamente, per me, aveva importanza sapere se Dio esiste oppure no, così come ne ha per la maggior parte delle persone. E il motivo, per quanto mi riguarda, era strettamente legato al mio vittimismo: avevo bisogno di sapere se quello che mi era successo era stato deciso da qualcuno di più grande di me, perché così avrei potuto almeno provare a capire come accontentarlo affinché la smettesse di torturarmi. O per lo meno incolparlo, rinunciando a prendermi le mie responsabilità.

Nella mia più totale ignoranza, mi ero avvicinato al buddhismo alla ricerca di una consolazione religiosa. Pensavo e speravo che quel monaco mi avrebbe indicato una strada strettamente spirituale, che mi convincesse di poter chiedere a una figura superiore di aiutarmi, proteggermi, guarirmi. Salvarmi.

Avevo invece scoperto che, per i buddhisti, essere sereni e avere una buona vita non è una questione strettamente legata all’esistenza di Dio.

La mia prospettiva su quello che mi stava succedendo
cambiò drasticamente: forse la colpa non era del destino, della sfortuna, non era di Dio, né tantomeno di un altro essere umano. Non era nemmeno colpa di quella povera zanzara che avevo maledetto con tutto me stesso: non c’era intenzionalità nel suo gesto. Non aveva nessuna colpa. Pungermi non era una cattiveria, era solo quello che doveva fare.
È io, invece, che cosa dovevo fare?

Questa domanda mi mandò in crisi, conducendomi però alla verità: se mi trovavo in quella situazione, il responsabile ero io. Io e nessun altro. Il buddhismo, mostrandomi per la prima volta un inaspettato collegamento con lo stoicismo latino, mi stava insegnando questo: non c’è un Dio da idolatrare se si è felici, né un Dio da insultare quando le cose vanno male. Noi siamo gli unici artefici del nostro destino. Tutto quello che ci succede è una nostra responsabilità. La nostra vita è il risultato di ciò che pensiamo, diciamo e facciamo. Non possiamo decidere che cosa ci accade, ma possiamo sempre decidere come reagire a quello che ci accade. Questo è il nostro karma. E il nostro karma dipende da noi. […]

 

Tratto dal libro Profondo come il mare, leggero come il cielo
di Gianluca Gotto

L'EVIDENZA

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