Non pensiero? Sì, vabbe’ …

Avrei passato il fine settimana in Toscana, in un posto sconosciuto con persone sconosciute. La stanza per gli incontri non era tanto grande, ma alla vista l’impatto fu devastante: cuscini, tappeti orientali, divani, incensi, cristalli, sfere trasparenti, pietruzze, candele accese. Quanto di più lontano da me in quel momento. Sulle pareti erano appesi quadri che ritraevano gente infiorata e vestita di arancione, cerchi colorati, teli raffiguranti il Buddha.

[…] avrei fatto meglio a rimanere a Roma a studiare piuttosto che perdermi nei fiumi di incenso a parlare di chi sa cosa. Il rito degli abbracci e dei saluti iniziali durò davvero troppo per i miei gusti. Tutte quelle persone sorridenti e smielate, e fintamente misteriose, avevano già deluso tutte le mie aspettative. Mi misi in un angolo del divano a giocherellare col cellulare e a osservare come erano vestiti e conciati quei tipi stravaganti, evitando accuratamente la socializzazione nell’attesa che succedesse qualcosa. E puntualmente successe, nonostante il mio Io così ingombrante è giudice.

Alle dodici persone presenti vennero fornite dalla signora Cristiana delle informazioni veloci sul tipo di meditazione che avrebbero sperimentato insieme. Parlava a voce bassa e monocorde, mentre tra me e me pensavo: “Non mi sarei mai aspettato questo, ma cosa ci faccio qui?”. Meditazione era un termine che utilizzavo per prendere in giro la gente lenta al volante. Solo molto tempo dopo scoprii che significava “medicare”. La mia mente non si poteva spegnere – ne ero certissimo – e non ne sentivo l’esigenza. Anche in questo caso sarei stato smentito.

Quando la musica iniziò a diffondersi, cominciai a sentire un certo prurito sotto il naso che non accennava a placarsi, e che anzi sembrava volesse spostarsi sul collo e sulle braccia. Mi grattavo insistentemente a occhi chiusi, provocando quel rumore che infastidisce tutti quando ci si trova in gruppo e in silenzio, ma non riuscivo a farne a meno.

Queste persone dicevano di aver trovato un centro, l’equilibrio nel respiro, il rilassamento degli organi … Io, invece, sentivo i rumori dello stomaco, i crampi della fame, un leggero freddo e scomodità diffusa. Le gambe, naturalmente incrociate, erano state le uniche ad andarsene, cadendo addormentate, mentre il resto del corpo era vigile, attento e la mia mente attivissima! Pensavo alle bollette, ai cani che avevo da bambino, al tagliando da rifare alla mia macchina, insomma … pensavo! Il non pensiero è il primo stadio da raggiungere nella meditazione, ed ero davvero lontano dal raggiungimento di un risultato minimamente accettabile. Dopo due ore – due ore! – ero ancora fermo a pensare al caffè, al pugno, a Come spostare i mobili di casa … In sostanza, un fallimento completo. La meditazione non faceva per me. Cosa stavo facendo in quel posto?

L’inaspettato si chiama così perché ti coglie all’improvviso, quando non c’è aspettativa. Ti sorprende. Ecco, la sorpresa fu la prima sensazione che provai quando mi ritrovai a camminare su un prato di erbaccia incolta. Con una mano sfioravo le alte piante, nell’altra stringevo una spada sporca di un qualcosa di rossastro. Mi osservavo le braccia macchiate di terra e sangue rappreso, i piedi nei sandali affondati nel fango e l’odore acre della morte.

Distrutto di rabbia e fatica, quasi sul punto di piangere, osservavo dall’alto di una collina il fumo dei fuochi accesi vicino ai carri, un fumo che avvolgeva il basamento del castello. Poi mura altissime immerse nel fango, intorno un mercato medievale con un pianto di bambini e cani che annusavano ogni angolo in cerca di cibo, nell’aria l’odore della carne cotta al fuoco e l’umidità nelle ossa. Aprendo gli occhi, il fiatone mi colse fortissimo e il viso avvampò. Intorno a me, le altre persone erano ancora assorte nella meditazione. […]

Tratto dal libro
Rievoluzione – Romanzo alchemico
di Andrea Pietrangeli

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