Non sogni, Realtà

Non come chi vince sempre,
ma come chi non si arrende mai

Frida è figlia della rivoluzione messicana. Non a caso, pur essendo venuta al mondo tre anni prima, amava datare la sua nascita nel 1910, quando le masse scesero in piazza per rivendicare il potere del popolo.

È proprio lo spirito rivoluzionario a guidare fin dall’inizio la sua vita: nell’arte, nelle passioni, nel suo essere donna, nel rapporto con la malattia. A soli sei anni contrae la poliomielite, restando invalida alla gamba e al piede destro.

Ma a cambiare radicalmente il suo destino saranno due incidenti. Il primo, quello tra un autobus e un tram, in cui rimane coinvolta quando è appena maggiorenne e da cui esce, miracolosamente viva, ma segnata per sempre nel corpo. Un corrimano le trapassa tutta la colonna vertebrale, che si spezza in tre parti, le ferite intaccano le gambe e il collo.

Dalla solitudine della lunga degenza in ospedale e dei giorni passati a letto nella sua Casa Azul uscirà solo grazie all’incontro con la pittura. Tramite un cavalletto e uno specchio montati sul baldacchino, Frida inizia a dipingere il soggetto che la renderà celebre nel mondo: se stessa.

L’amore per l’arte le causerà poi quello che definì il “secondo incidente” della sua vita: l’incontro con Diego Rivera, il maggior esponente della corrente dei muralisti, che in Messico aveva portato la pittura fuori dai musei, grazie agli enormi dipinti sui muri, per essere visibili a tutti.

Tornata a camminare, Frida fa di tutto per incontrare Rivera, che diventerà il suo maestro ma anche il suo compagno e che sposerà due volte. Tutte le sue opere, a partire dai celeberrimi autoritratti, pieni di simboli della tradizione messicana, avranno per soggetto prevalentemente il rapporto burrascoso con il pittore, la politica e la sua condizione fisica.

Il critico d’arte André Breton la definì surrealista, ma lei non fu mai d’accordo: «Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni».

Tratto da Vite straordinarie
nuovicittadini-prefto.it

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