Per morire … o per rinascere

Le nostre Rubriche

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“Attento alle capre!” gridò una voce quando entrai con l’auto nell’aia. Piegai la testa in direzione del tetto della fattoria dove tre capre grigie stavano adocchiando la mia decappottabile aperta. Diedi al pedale del gas un ulteriore colpetto e scivolai dietro a quello che sembrava un cancello.

“Salve, sono Sylvan”, disse un tipo alto con la barba, sui trentacinque anni, in tuta da lavoro e con un sorriso affabile.
“Posso mostrarle la fattoria?”. 

Il Rifugio per Animali East Maui (www.eastmauianimalrefuge.org), incuneato nella verdi colline ondulate e silenziose sul lato ventoso della Valley Isle, è grosso modo una via di mezzo fra la Vecchia Fattoria della famosa filastrocca e la Boys Town [Ndt: organizzazione fondata da Edward J. Flanagan che ospita ed educa bambini e ragazzi a rischio]. I custodi accudiscono gli animali che nessun altro vuole, compresa la Human Society [Ndt: la più grande ed efficace organizzazione americana per la protezione degli animali]. Il personale cura e riabilita animali malati, feriti e maltrattati.
Quando misi piede fuori dall’auto, un grosso cane da pastore australiano mi venne incontro a grandi falcate e cominciò a leccarmi le mani:“Dica ciao a Mister Magoo”, mi invitò Sylvan. “É cieco”.

 

Seguii Sylvan nella stalla dove stava somministrando antibiotici ad alcuni gatti. Parlandomi, restando di spalle, non mancò di sbrigare quanto era previsto nei suoi giri; era chiaro che la sua priorità era prendersi cura di queste creature. I visitatori erano benvenuti, ma ovviamente gli animali erano al centro dell’attenzione.

“Li chiamiamo i nostri piccoli Disastri”, spiegò Sylvan. “Questa gatta ha una versione felina dell’AIDS. Con questi antibiotici si sta rimettendo in sesto”. Mi sembrò che il pomo d’Adamo fosse diventato delle dimensioni di un pompelmo. Sentivo montarmi le lacrime agli occhi: stavo assistendo a un servizio sacro.

“Qui vivono più di quattrocento animali. Oltre a cani e gatti, abbiamo anatre, maiali, uccelli, capre, cervi e una mangusta. La gran parte di loro veniva lasciata languire alla Human Society che non riesce a prendersi cura di tutti. Noi offriamo a questi animali un’altra opportunità. Se possiamo rimetterli in salute li restituiamo allo stato selvatico o troviamo loro una casa. Altrimenti, hanno un posto qui per la vita”.
Ed ecco ricomparire le lacrime.

“Quando la Polizia trova un animale ferito sulla strada, sa di poterlo portare qui”, disse Sylvan rivolgendo l’attenzione a un cane che aveva una zampa infetta. I custodi avevano fatto un manicotto di cuoio per sostenere la zampa di Arnold impedendogli di mordere la ferita. Sylvan gli cambiò la fasciatura, come osservai con timore reverenziale e apprezzamento.

 

“Avete dei pappagalli?”, domandai.
“Certo, lascia che ti presenti Blue”.
Sylvan mi fece entrare nel soggiorno pieno di scatole di cartone contenenti nidiate di uccellini appena nati. Sua moglie Suzie stava nutrendo con un contagocce dei piccolissimi uccellini implumi e informi. La donna alzò lo sguardo e sorrise, poi tornò a rivolgere la sua attenzione ai piccoli. Un maiale s’intrufolò attraverso la porta scorrevole aperta; dopo una veloce presentazione a me che ero l’ospite, fu rispedito fuori.

“Questo è Blue”. Sylvan aprì la porta della gabbia per lasciare che un pappagallo amazzonico gli saltasse elegantemente sulle dita. L’uccello godette delle coccole gentili di Sylvan. “Blue venne da noi dopo essere stato tenuto in un ripostiglio per tre anni. I suoi padroni non sapevano come tenerlo, così lo avevano rinchiuso al buio. Quando Blue arrivò qui, aveva tutte le penne strappate. Ora, dopo due anni con noi, molte piume sono rispuntate”.

Maledette quelle lacrime.
Ormai ero sbalordito. Ero di fronte a dei salvatori del regno animale. Mi venne in mente San Francesco.

 

“Come sei arrivato a fare tutto questo?” domandai a Sylvan che si stava dirigendo fuori,verso il cortile. Di nuovo l’ascoltai restando a pochi passi dietro di lui.
“Prima che incontrassi Suzie, le era stato diagnosticato un tumore maligno. Quando il suo medico le diede sei mesi di vita, lei venne a Maui per morire. Fu così che ci incontrammo e che scoprimmo di condividere l’amore per gli animali. Lei si mise in cura da un medico della medicina cinese il quale disse che, oltre a prendere le erbe che lui le stava dando, avrebbe fatto bene a trovare qualche attività che soddisfacesse la sua anima. Così cominciai a portare Suzie a visitare negozi di animali domestici. Se c’era un cane malandato in fondo a una gabbia, chiedevo al gestore del negozio se potevamo portarlo a casa. Mentre curava queste creature Suzie cominciò a riacquistare fiducia e quasi ogni giorno trovavamo o ci davano un animale bisognoso di amore e di cure.

Avrei giurato che una forza invisibile fosse lì a mandarci dei Disastri: gatti investiti da una macchina, cervi sperduti, non avevamo che da chiedere e arrivava di tutto. In breve tempo ci fu un bell’andirivieni!
Notammo che quanto più Suzie assisteva i suoi Disastri, tanto più diminuiva la sofferenza che provava. Aveva trovato uno scopo che le dava gioia e soddisfazione. Così si impegnò sempre più, finché non trascorse la maggior parte del suo tempo con questi animali.
Poi andammo da un medico che le fece alcuni esami e disse che il cancro era scomparso”.

“Quanto tempo fa è accaduto?”.
“Tredici anni fa”.

Ritornando verso la mia auto, attraversammo la casa. Sulla scrivania vidi una pila di cambiali. “Avete dei finanziamenti pubblici?”.

“No, facciamo interamente affidamento sulle donazioni”. Sylvan rise. “Hai visto quella pila di cambiali? Non ho idea di come o quando saranno pagate. In qualche modo andremo avanti. Ma la cosa principale è che siamo felici. Amiamo ciò che facciamo. Diamo il nostro contributo e in qualche modo l’universo si prende cura di noi”.
“Come Mr. Magoo”.
“Esatto, come Mr. Magoo”.

Tratto da Tutto il bello che c’è
di Alan Cohen

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