Pianta un seme

Heide Banks

Foto di Pexels da Pixabay

Per quanto detesti ammetterlo, ci sono stati momenti in cui una bella botta in testa mi ha spinta a fare un passo avanti e a cambiare qualcosa nella mia vita. Uno dei colpi più duri che abbia mai ricevuto, in senso letterale, fu quando l’autista di un’ambulanza fuori servizio decise di cambiare corsia senza preavviso, spingendo me e la mia piccola macchina sportiva fuori strada.

Uscii dall’incidente senza neanche un osso rotto, ma c’era qualcosa che non andava: e si trattava di una cosa ancora più spaventosa: i medici mi diagnosticarono un danno cerebrale. Mi aspettai che fosse l’inizio di un periodo difficile.

Mi assicurarono che alla fine il mio cervello sarebbe guarito da solo. L’unica cosa che potessi fare consisteva nel prendere la vita con calma. A questo scopo, mi tolsero la patente e mi imposero di abbandonare il lavoro. Andò a finire che negli anni successivi rimasi a casa.

All’epoca dell’incidente, ero una manager nel settore marketing e produzione. Il lavoro era una sfida continua e a volte mi dava soddisfazioni, ma da sempre, in fondo all’anima, sentivo che non era quello l’obiettivo della mia vita. Che cosa fosse, tuttavia, ancora non l’avevo scoperto.

A quel punto, con le mie riserve economiche in costante calo e senza alcuna possibilità di guadagnare, mi svegliavo ogni mattina con le migliori intenzioni di ridare un senso all’esistenza. Ma, mese dopo mese, quando arrivavo a metà giornata mi sentivo così esausta che passavo il resto della giornata a guardare nel vuoto, chiedendomi quanto ancora sarei riuscita a resistere.
Finché una mattina mi risvegliai sentendomi come ai vecchi tempi,

Ero lontana da un ufficio da due anni. Sentivo la necessità di lavorare, solo che non potevo tornare indietro.
La maggior parte delle porte che una volta per me erano spalancate, ora erano chiuse a doppia mandata. Mi dissi che, avvero volevo fare un passo avanti nella mia carriera, quello era il momento.

Che cosa valevo, veramente?
Non so quante volte mi sono posta questa domanda. Poi ricordai un episodio accaduto quasi sette anni prima.

Nel bel mezzo di un trasferimento da New York alla California — un cambio di sede per il mio lavoro — avevo fatto una sosta all’aeroporto di Dallas. Mentre mi affrettavo per imbarcarmi in un altro aereo, un lavorante dell’aeroporto richiamò la mia attenzione.
“Ehi, signora scrittrice, le è caduto qualcosa.”

Seppi subito che si stava rivolgendo a me, ma perché pensava che fossi una scrittrice? Il mio primo pensiero fu che mi fosse caduta una penna dalla borsetta, ma quando mi voltai mi accorsi che avevo perso la sciarpa, che ora giaceva per terra a pochi metri da me. La raccolsi e, stupita, mi rivolsi al lavorante.
“Perché pensa che sia una scrittrice?”
“Perché lo è, signorina”, rispose lui, come se fosse evidente, “Perché lo è.”

Per anni mi era capitato di rammentare quell’episodio. Ora l’evento assumeva nuovi contorni. Ammisi con me stessa che, più di ogni altra cosa, desideravo diventare un’autrice e condividere col resto del mondo tutto quello che avevo imparato nella mia vita, ma con così pochi soldi in banca, come potevo considerare una svolta del genere?

Per mia fortuna, stavo leggendo un libro intitolato God Is Your Partner, di John-Roger, sul potere e i miracoli della “decima”. La decima, spiegava il libro, consisteva nel restituire a Dio il dieci per cento di qualsiasi prodotto si ricavasse in abbondanza dal proprio lavoro. In pratica era come riconoscere che l’abbondanza veniva da un’unica fonte: Dio. Era un modo di accettare e offrire ricompensa a Dio come socio nella propria esistenza. L’idea non era affatto nuova, per me, ma quello che lessi in seguito catturò la mia attenzione.

Il libro proseguiva introducendo il concetto di “semina”, come un sentiero analogo verso la prosperità finanziaria. Se
vuoi far crescere un giardino, devi piantare un seme. Se vuoi guadagnare più soldi, dare inizio a una relazione soddisfacente o cominciare una nuova carriera, devi piantare un seme.

Rimasi affascinata. Il libro diceva anche che si tenevano lezioni su come mettere in pratica questi principi biblici nella vita: nel giro di una settimana mi ero iscritta. Durante una di queste lezioni, decisi di piantare un seme per la mia nuova carriera di scrittrice.

Chiesi all’insegnante quale somma avrebbe potuto costituire un buon seme. Mi venne detto che toccava a me scoprirlo: avrei dovuto cercare la risposta dentro di me.

Visti i pochi soldi di cui disponevo allora, fu con molta trepidazione che chiusi gli occhi e chiesi a me stessa quale somma sarebbe potuta essere opportuna. Il numero “100” mi balenò davanti agli occhi. Mi dissi: “Be’, me lo posso permettere”. Immediatamente, una voce interiore aggiunse: “Ma se vuoi che avvenga in fretta, prendi in considerazione un seme più grande”.

A questo punto avevo un problema. Per me qualsiasi somma superiore ai cento dollari rappresentava un rischio. Come scrittrice esordiente, difficilmente avrei potuto contare su una lucrosa carriera. Anche se per miracolo fossi riuscita a vendere qualche copia, mi ci sarebbero voluti mesi, o più probabilmente anni, prima di vedere qualche guadagno.

“Ricorda, Heide”, proseguì la voce. “Questo non è il modo in cui vanno le cose di solito. Questo implica avere Dio come socio. Sei pronta a farlo?”

Ora, mi chiesi quanto sarebbe stato necessario ad accelerare la transizione. Apparve il numero “1000”, che non era esattamente la quantità di dollari che avrei voluto vedere. Quella sera uscii dalla lezione piuttosto confusa. Come avrei potuto fare un assegno per un migliaio di dollari quando non avevo idea dei miei guadagni futuri?

Cercai di ignorare la cifra, che tuttavia, nei giorni seguenti, continuò a ricomparirmi davanti agli occhi. Quanto maggiore era la paura di compilare quell’assegno, tanto maggiore era
l’ansia di diventare davvero un’autrice. Al terzo giorno non reggevo più l’ansia e decisi di affidarmi alla fede. Compilai l’assegno.
Almeno, avevo preso una decisione.

Da quel momento in poi cominciai a guardarmi in giro, cercando di avere conferma di quanto Dio stesse facendo in qualità di mio socio. Non che stessi con le mani in mano: mi diedi da fare scrivendo una scaletta per un libro, contattando agenti letterari e imparando tutto il possibile su ciò che serviva a diventare una scrittrice. Mentre la mente continuava a sovraffollarsi di idee per la creazione di libri, io prendevo appunti. Cominciai a conoscere gente dell’ambiente editoriale. Presi persino un aereo per New York per partecipare a un congresso di editori. Ogni giorno che passava mi sentivo sempre più una scrittrice.

Sapevo che il seme stava crescendo. Le mie paure si placarono, il che mi permise di fare passi avanti. Ma, molto onestamente, devo confessare che continuavo ad aspettarmi un miracolo. Volevo sapere con sicurezza, senza dubbi, che Dio era il mio nuovo socio e che stava occupandosi della Sua parte di incombenze. In fondo all’animo, aspettavo da un giorno all’altro la chiamata in cui qualcuno mi avrebbe detto: “Congratulazioni! Hai avuto un’idea magnifica! Ecco un assegno da cinque mila dollari”.

Non fu così che accadde. In effetti, ricevetti un rifiuto dopo l’altro. Ciononostante, continuai ad aspettare fiduciosa che il seme germogliasse. Non sapevo come, dove o quando, ma Dio avrebbe presto prodotto grandi risultati.

Pochi mesi dopo il viaggio a New York, ricevetti una telefonata da un amico con cui non parlavo da quattro anni. Dal tono della sua voce avrei detto che fosse sorpreso lui di fare quella chiamata quanto io lo ero di riceverla. Pubblicava articoli su una rivista, ma il suo editore gli aveva chiesto di scrivere un libro. Poiché non pensava di farcela da solo, per qualche ragione il mio nome gli era tornato in mente come l’ideale coautrice. Quasi senza parole, riuscii a chiedergli: “Come facevi a sapere che volevo diventare scrittrice?”.

Come era capitato al lavorante dell’aeroporto alcuni anni
prima, nemmeno lui aveva una spiegazione. Semplicemente, lo sapeva.

Poche settimane più tardi ci ritrovammo e decidemmo di
collaborare alla stesura del testo. Ma, una volta messi davanti alla necessità di cominciare, il mio coautore perse interesse. Accorgendosi di quanto impegnativo fosse il lavoro, capì che doveva abbandonare il progetto.

Incredibilmente delusa, non mi restò che chiamare l’editore.
Fu allora che accadde il vero miracolo. Raccogliendo tutto il coraggio, confidando che Dio fosse davvero il mio socio, gli chiesi se avrebbe preso in considerazione la possibilità di permettere a me, autrice alla sua prima esperienza, di scrivere libro da sola.

Fortunatamente avevo già cominciato a lavorarci, e, quando mi chiese di inviargli qualche capitolo, potei soddisfare la sua curiosità.

Entro poche settimane avevamo stipulato un nuovo accordo. Io ero l’unica autrice. Quel libro, intitolato It Works for Me! Celebrity Stories of Alternative Healing, fu la mia prima pubblicazione,

Adesso, se qualcuno dovesse chiamarmi: “Ehi, signora scrittrice”, non esiterei a voltarmi. Saprei esattamente a chi sta parlando.

E per quanto riguarda la semina… per me continua a funzionare.

Tratto dal libro
Cioccolata calda per l’Anima
101 storie vere per addolcire lo spirito
di Ariel Ford

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