“Se lo vuoi non è un sogno”.
E così è stato

Non importa quali disabilità abbiamo.
Ognuno di noi ha il diritto di essere incluso.
Ognuno di noi ha qualcosa di unico da dare.

Marlee Marlin

Foto da Wikipedia

Quando seppe che era stata candidata all’Oscar per l’interpretazione di Sarah Norman, la protagonista sorda del film Figli di un dio minore di Randa Haines, Marlee Matlin era in una clinica a disintossicarsi. Le chiesero un commento e lei rispose: «Tell them I’ll scream later», «Di’ loro che urlerò più tardi». Era il 1987 e da allora quella frase le è rimasta addosso, tanto da diventare il titolo dell’autobiografa pubblicata nel 2009. «Contiene il giusto grado di ironia, perché sono sorda ma il silenzio è l’ultima cosa che sentirete da me», dice l’attrice, che ha perso l’udito a diciotto mesi e si esprime con la Lingua dei segni.

Il motto della famiglia Matlin era: «Se vuoi che le cose vengano fatte, falle da sola». E così Marlee è cresciuta in un clima di estrema libertà. «I miei genitori mi hanno mandato alla scuola pubblica, mi hanno incoraggiato a fare ciò che volevo e a essere indipendente», racconta. Non è sempre stato facile, però. Fin da piccola, ha dovuto combattere contro gli stereotipi legati alla sordità, ha subito abusi durante l’adolescenza a cui ha reagito rifugiandosi nella droga, è stata coinvolta in una relazione violenta. Ma alla fine ne è uscita.

Quell’Oscar poi l’aveva vinto, lei che era al primo film, diventando la più giovane attrice protagonista (e l’unica sorda) a raggiungere quel risultato. Qualcuno osò dire che quella vittoria era frutto di una scelta fatta per pietà, che sì era brava, ma non avrebbe più lavorato nel cinema perché era sorda. Da quel giorno sono passati trentuno anni e Marlee non solo ha vinto la sua battaglia contro la droga – è pulita da allora – ma ha avuto ragione di chi l’ha criticata.

Oggi, oltre a essere madre di quattro figli, è attrice, produttrice e sostenitrice della causa delle persone sorde. Ha anche partecipato a un talent show di ballo. «È vero, non sento la musica, ma ho imparato a contare i passi». Il suo amico Henry Winkler, il Fonzie di Happy days, le diceva sempre: «Se lo vuoi, non è un sogno». E così è stato.

Tratto da Vite straordinarie
nuovicittadini-prefto.it

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